lunedì 20 giugno 2011

Bonzi, chi siano: breve avventura linguistica

Pietra tombale di un missionario
Gesuita in Giappone
(da Wikipedia)
Tra una riga di codice e l'altra, in attesa di terminare il mio ultimo progetto universitario e godermi un po' di caldo estivo, ho trovato il tempo per leggiucchiare qualcosa di diverso  dai miei soliti romanzi: un po' di pagine di un volume delle Istorie del Mondo di M. Mambrino Roseo, curato dal Reverendo Bartolomeo Dionigi da Fano e stampato nel 1585. L'opera non è altro che una cronaca che registra gli eventi dalla metà del XVI secolo (almeno nel mio volume) fino all'anno 83 del medesimo.

Proprio in questa fascia temporale (1549) iniziano le prime spedizioni missionarie dei Gesuiti in Giappone, e prima di riportarne gli eventi l'autore introduce la situazione religiosa nel paese.

L'inizio della descrizione è segnalato da una nota a margine: Bonzi, chi siano.

Descrive il medesimo [cita il testo di padre Gasparo, un missionario] l'origine et natura di questi Bonzi, et dice che abitano in una montagna in diversi luoghi, che essi chiamano monasterÿ, et sono intorno a ventimila huomini, et che il primo institutore di questa religione fu uno chiamato Corebondaxi, che era fra loro persona litterata; et dice il padre, che per quel che egli ne haveva udito,  haveva qualche demonio familiare. Et che egli ritrovò una sorte di lettera nel Giappone molto usitata, che si chiama Cana.
 Bonzo è un termine con cui in occidente si indicano i monaci buddhisti, il discorso si fa più interessante quando viene nominato l' "institutore": Corebondaxi.
Non riuscendo, tramite ricerca diretta, a trovare alcuno dei termini derivati dal giapponese presenti nel testo, ho iniziato una piccola indagine.
Kūkai (774–835), conosciuto come
Kōbō-Daishi dopo la morte
Breve ma necessaria divagazione... Attualmente per trascrivere con caratteri latini i termini giapponesi vengono usati due sistemi principali di traslitterazione: l'Hepburn e il Kunrei, ma all'epoca in cui il testo è stato stampato non era in esistenza alcuno standard ufficiale, e probabilmente i termini venivano scritti basandosi sui gruppi di lettere che nella lingua del missionario (generalmente portoghese) producevano i suoni più simili. Il primo tentativo di standardizzare la conversione in lettere è avvenuto nel 1603 con il Nippo Jisho, un vocabolario giapponese-portoghese compilato da missionari Gesuiti e contenente oltre trentamila termini.
Basandomi su alcuni esempi di termini contenuti nel Nippo Jisho e sull'articolo di Wikipedia relativo alla storia del Buddhismo in Giappone, ho individuato il nome con il quale Corebondaxi è conosciuto oggi: Kōbō-Daishi (titolo onorifico, in vita Kūkai), fondatore della scuola buddhista Shingon, e apparentemente l'inventore dei Kana (Cana nel testo), dei sillabari fonetici (ovvero simboli a cui corrispondono suoni precisi) usati tutt'ora.
Lasciò molte profezie delle cose di là, et perche [sic] a caso una di esse riesce, la gente grossa lo stima molto. La legge che ei lasciò è intitolata Xingoluiu [credo Shingon-Shū]; il primo precetto dellaquale è, che adorino il diavolo et chi potesse puntualmente sapere le particolarità della sua scelerata vita, direbbe che sia egli stato un proprio diavolo incarnato. Dicono che lasciò certe parole diaboliche in iscritto, con lequali si mandava il demonio in corpo di qualunche persona si voleva, et quivi rispondeva a qualunche domanda che se gli faceva; et dice, che egli fu il primo autore del peccato nefandissimo in quel paese.
 A quanto pare il missionario gesuita non poteva proprio soffrire la "concorrenza" e Kūkai viene addirittura descritto come corruttore di anime in combutta con Satana: un ottimo esempio di letteratura che manca d'imparzialità. Il fondatore dello Shingon era invece un uomo di cultura: poeta, artista, letterato, ingegnere...
Stando per morire, si fece fare una gran fossa a guisa di una cassa, nellaquale [sic] si misse, dicendo alla turba sciocca, che voleva quivi dormire lunghissimo sonno, et che di là a tante migliaia di anni sarebbe venuto al mondo un gran litterato, et che egli allora sarebbe uscito di quella tomba, et comandò che inanzi a quel tempo niun fosse stato ardito di aprirla, et svegliarlo dal sonno. Gli fu da quella meschina gente dal demonio sedutta edificato piu di un tempio, dove era egli adorato de quali se ne haveva egli istesso vivendo fatto alcuni. Nel luogo dove egli si rinchiuse dicono essere una Chiesa delle piu sontuose fra l'altre, chiamata Coia, dove concorrevano molti a domandar sanità, onore, et altre cose necessarie per la vita con far grandi offerte, et molti doni.
In effetti una leggenda (storpiata dal resoconto di Padre Gasparo) sostiene che Kūkai non sia morto, ma sia entrato (attendendo la comparsa del Buddha) in meditazione eterna sul monte Kōya (Coia nel testo), dove per primo ha stabilito un insediamento per il ritiro spirituale.

Una nota finale, mi scuso per ogni imprecisione che avrete sicuramente trovato nel testo: non sono esperto della storia dei missionari Gesuiti e tantomeno della storia/cultura Giapponese in particolare o orientale in generale. Correzioni, precisazioni, consigli e commenti sono incoraggiati e ben accetti!
Per terminare, ringrazio Peres che mi ha aiutato con consigli, informazioni e mi ha dato un punto di partenza per la documentazione!

Il libro contiene altre sezioni relative al Giappone, ma meritano un post separato!

AGGIORNAMENTO: Peres mi ha fatto notare che Kūkai è l'inventore mitologico dei Kana, ovvero l'attribuzione del sillabario è parte di una leggenda. Un'altra creazione attribuita al fondatore di Shingon e collegata ai Kana è il pangramma (una frase di senso compiuto in cui vengono utilizzati tutti i simboli di un alfabeto) Iroha.

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