mercoledì 2 febbraio 2011

Canzone in Lode della Salsiccia

Spolverando un ripiano della mia libreria mi è capitato in mano un volume che raccoglie alcune opere di Agnolo Firenzuola, poeta toscano del XVI secolo. All'interno di questo libro è riportata una canzone di un altro autore, tale Anton Francesco Grazzini (alias Lasca). L'argomento e il carattere giocoso mi sono piaciuti assai, e per questo riporto qui integralmente la Canzone in Lode della Salsiccia. Divertitevi!


Se per sciagura le nove sirocchie
Avesser letto le capitolesse,
O, per me' dir, quelle maccheronee
Di voi altri poeti da conocchie,
I quali il forno e le castagne lesse
Lodaste, e fiche mucide e plebee,
E mill'altre giornee
Da intorbidar Parnaso ed Elicona;
Tutte insieme v'avrien fatte le fiche,
E datovi corona
O di foglie di bietole o d'ortiche:
Poi ch'alcun capriccioso
Ancor non è stato oso
Della salsiccia empirsi mai la gola,
Ch' è così buona, e si dolce unto cola.

O Bolognesi, i vostri salsiccioni,
Massime messi in grasso e buon budello,
Non son ei proprio un cibo da poeta?
Tutti i prelati ricchi, e signor buoni,
Gli uomini dotti, e quei ch'han buon cervello,
Ogni bella e gentil donna discreta,
Spendon la lor moneta
Più volentier ne' vostri buon cotali,
E 'n qualche saporita lingua ancora
Di giovani animali,
Ch' appena il pel di nuovo gettin fuora,
Che 'n carne di vitella,
Sia pur tenera e bella:
Che'n ver, quanto più grosso è il cibo e sodo,
Meglio entra, nutre più, sta più a tuo modo.

Mangiasi la Salsiccia innanzi e drieto,
A pranso, a cena, o vuo'a lesso, o vuo'arrosto,
Arrosto e dietro è più da grandi assai;
Innanzi e lessa, a dirti un bel segreto,
Non l'usar mai, fin che non passa Agosto,
Ch' al sollion la nuoce sempremai.
E se cercando vai
Se dall'uomo alla donna è differenza,
Nel modo dell'usar questa faccenda,
Secondo la sentenza
Di chi par che del cibo ben s'intenda,
Dico che in ogni parte
Il mangiarla è loro arte,
Se non se certe mone schifa il poco,
Che ne vogliono dietro poco poco.

Fassi buona Salsiccia d'ogni carne:
Dicon l'istorie, che d'un bel torello
Dedalo salsicciajo già fece farla,
E a Mona Pasife diè a mangiarne.
Molti oggidì la fan coll'asinello,
Semiramis di caval volse usarla:
Ateneo Greco parla,
Ch' uno in egitto la facea co' cani.
Io per me la vorrei della nostrale
Fatta colle mie mani,
E grossa, e soda, e rossa, e naturale,
E in budei ben netti.
O vecchi benedetti,
Questo e quel cibo che vi fa tornare,
Giovani e lieti, e spesso anco al zinnare.

Fur le salsicce abeterno ordinate,
Per trastullar chi ne veniva al mondo
Con quell'unto, che cola da lor spesso:
E quando elle son cotte e rigonfiate,
Le si mettono in tavola nel tondo.
Altri son che le vogliono nel pan fesso
Ma rari il fanno adesso;
Che 'l tondo in ver riesce più pulito,
Nè, come il pan, succia l'untume tutto.
Ognun pigli il partito
Secondo che gli piace, molle o asciutto:
Basta che i salsicciuoli
Cotti ne' bigonciuoli,
Donne, dove voi fatte i sanguinacci,
Son cagione che degli uomini si facci.

Canzon, vanne in Fiorenza a que' poeti,
E palesa i segreti
Della salsiccia, e dì' lor, ch'al distretto
Questo cibo d'ogni altro è più perfetto.

Aggiornamento 03/02/2011 - Ore 11:17
Ho trovato qui una biografia del Lasca più esauriente di quelle cinque righe in croce disponibili su Wikipedia.

2 commenti:

  1. Fabio, questa è quasi meglio di Ceca mi feca!!!!!! Bel post e mi piace soprattutto la nuova descrizione del mercatopo maschio e della mercatopa femmina!!! ;-)

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  2. Dai, almeno questa ha un senso in confronto a Ceca...
    Visto lo spazio-documentario sul mercatopo, eh? Sto ancora aspettando che Giada se ne accorga per vedere la reazione :-)

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