mercoledì 4 aprile 2012

Ibidem: Un futuro smemorato

L'ossessione di creare sempre nuovi media ha inibito gli sforzi per salvaguardare quelli vecchi. Abbiamo perduto l'80% di tutti i film muti e il 50% di quelli girati prima della seconda guerra mondiale. Niente sa preservare i testi [...] meglio dell'inchiostro su carta [...]
Robert Darnton, Il Futuro del libro

4 commenti:

  1. Che tristezza...che la soluzione sia davvero la rete con la sua memoria da elefante?

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  2. Sinceramente sono convinto che la Rete sia un ottimo sistema per distribuire l'informazione, per renderla fruibile, non per renderla resistente al passare del tempo. In realtà non ha questa memoria da elefante che le viene spesso attribuita. In effetti è più facile perdere che non conservare le informazioni in rete. Non voglio entrare nel dettaglio altrimenti il commento diventa chilometrico, ma ho potuto toccare con mano questo problema qualche anno fa, quando un repository (una specie di deposito online) di dati unici di valore "paleo-informatico" è andato perduto. Volatilizzato.

    La rete conserva le informazioni più popolari, non fornisce nessuna garanzia sull'accessibilità continuata: ad esempio, il più grande e famoso motore di ricerca è di Google, un'azienda privata che ricerca profitti. Per quanto ci sembri improbabile, anche le aziende gargantuane come Google chiudono, falliscono o si trasformano: non abbiamo garanzie che l'enorme banca dati di questo colosso sarà disponibile tra 50 anni.

    Bisognerebbe avviare immediatamente progetti di salvaguardia del dato digitale, sono convinto che sia più a rischio delle stampe su carta acida del XX secolo. Il problema è con quali modalità? Ma soprattutto, con quali soldi?

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  3. Accidenti...in effetti messa così ha perfettamente senso! Ma i vari allarmismi sui dati personali immessi volontariamente in rete (per quanto non abbiano alcun valore "culturale" ma solo commerciale) sono appunto solo allarmismi? O essendo una potenziale fonte di guadagno vengono "meglio conservati"?
    E' vero che le aiende falliscono e gli utenti si spostano altrove, basta pensare a myspace.
    Annaelaneve

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  4. Gli allarmismi sui dati personali sono giustificati (quasi) sempre, anche perché dubito che chi ne vuole fare uso lo farà tra 50 o 100 anni. Nel migliore dei casi vengono immediatamente utilizzati per formulare offerte commerciali personalizzate... nel peggiore per reati come il furto d'identità.

    Che non siano di valore culturale ora è indubbio, in futuro chissà: dopotutto gli storici rovistano dove possono! :-)
    Pensa che solo 200 anni fa esisteva un'ampia diffusione di libretti economici, male rilegati, contenenti ballate o storielle (insomma, i nostri best seller da edicola). Questi libri pare fossero ben conosciuti ma poco stimati, così bibliotecari e collezionisti non hanno ritenuto opportuno conservarne copie. Ora sono una rarità cacciata da storici specialisti!

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